Pagina:Boccaccio - Filocolo (Laterza, 1938).djvu/491

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libro quinto 487

Campagna; e le fredde montagne, fra le quali Sulmona, ubertissima di chiare onde, dimora, si lasciarono dietro, e pervennero al luogo ove l’uccello di Dio, mutato in contrario pelo, da rustica mano si doveva ancora portare in insegna. E quindi partiti, passarono l’alpestre montagna, e trovarono l’onde dolci del Tevere; e passando avanti, i gelati monti trovarono ancora tiepidi delle battaglie che i perugini videro. La sera del secondo giorno alle graziose montagne pervennero, che nel futuro da’ vecchi doveano pigliare eterno nome. Quivi venuti, Filocolo si ricordò di Fileno, il quale in fonte lasciato aveva sopra il cerruto poggio, e disideroso di rivederlo, lá egli e’ suoi compagni n’andarono, non avendo ancora il sole di quel giorno l’ottava ora toccata.

Li grandi arnesi s’acconciarono al riposo de’ caldi giovani, e sopra le verdi erbe fra salvatichi cerri presono il cibo, dopo il quale, in picciolo spazio, con non pensato passo la notte loro sopravvenne, e il cielo pieno di chiare stelle dava piacevole indizio al futuro giorno. Per che Filocolo vicino alla fontana, sopra un praticello pieno di verdi erbette, fece chiamare Biancofiore, alla quale era ignoto il luogo dov’ella fosse, e con parole piacevoli cosí le cominciò a dire: «O lungamente da me disiderata giovane, dira’mi, per quell’amore che tu mi porti, il vero di ciò ch’io ti di manderò?» «Sí farò», disse Biancofiore.

A cui Filocolo seguí: «Etti uscito della memoria Fileno, a cui tu con le proprie mani donasti per amore il caro velo? O sospirasti mai per lui poi che di Marmorina temendomi si partí?». A queste parole dipinse Biancofiore il suo candido viso per vergogna di bella rossezza, ma le notturne tenebre le furono graziose, e quella celarono, e rispose cosí: «Signor mio, a me sopra tutte le cose caro, e a cui niuno mio segreto deve essere ascoso, assai volte di Fileno mi sono ricordata e mi ricordo. E come potrá egli mai dalla mia mente uscire, con ciò sia cosa che ancora mi spaventi la rimembranza della pistola ch’io da te ricevetti, turbato per la falsa opinione avuta di me per lo ricordato velo, il quale io, costretta dalla