Pagina:Boccaccio - Filocolo (Laterza, 1938).djvu/7

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LIBRO PRIMO

Mancate giá tanto le forze del valoroso popolo anticamente disceso del troiano Enea, che quasi al niente venute erano per lo maraviglioso valore di Giunone, la quale, la morte della pattuita Didone cartaginese non avendo voluto inulta dimenticare, e all’altre offese porre non debita dimenticanza, faccendo degli antichi peccati de’ padri sostenere a’ figliuoli aspra gravezza, possedendo la loro cittá, la cui virtú l’universe nazioni si sottomise, sentí che quasi nell’estreme parti dell’ausonico corno ancora un picciolo ramo dell’ingrata progenie era rimaso, il quale s’ingegnava di rinverdire le giá seccate radici del suo pedale. Commossa adunque la santa dea per le costui opere, propose di riducerlo a niente, abbattendo la infiammata sua superbia, come quella degli antecessori aveva altra volta abbattuta, con degno mezzo. E posti i risplendenti carri agli occhiuti uccelli, e davanti a sé mandata la figliuola di Taumante a significare la sua venuta, discese della somma altezza nel cospetto di colui che per lei teneva il santo uficio, e cosí disse: «O tu, il quale alla somma degnitá se’ indegno pervenuto, qual negligenza t’ha messo in non calere della prosperitá dei nostri avversarii? quale oscuritá t’ha gli occhi, che piú debbono vedere, occupati? lévati su: e perciò che a te è sconvenevole guidare l’arme di Marte, fa che incontanente sia da te chiamato chi con la nostra potenza abbatta le non vere frondi, che sopra l’inutile ramo dimorano, le cui radici giá è gran tempo furono secche, e in maniera che di loro mai piú