Pagina:Boccaccio - Filocolo di Giovanni Boccaccio corretto sui testi a penna. Tomo 1, 1829.djvu/136

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al pensato fine, con ciò sia cosa che io mai del suo amore non arsi com’io ardo ora". E istando Florio in questi pensieri, in tanto gl’incominciò a crescere il disio di volere vedere Biancifiore che egli non trovava luogo, nè ad altro pensar poteva nè giorno nè notte. Egli avea per questo ogni studio abandonato, nè di mangiare nè di bere parea che gli calesse: e tanto dubitava di tornare a Marmorina sanza licenza del re, acciò che egli a far peggio non si movesse, che egli volea avanti sostenere quella vita così noiosa; e era già tale nel viso ritornato, che di sè facea ogni uomo maravigliare. E non avendo ardire di tornare in Marmorina, andava il giorno sanza alcun riposo cercando gli alti luoghi, de’ quali egli potesse meglio vedere la sua paternale casa, ove egli sapeva che Biancifiore dimorava. E similmente la notte non dormiva, ma furtivamente e solo se n’andava infino alle porti del palagio del suo padre, non dubitando d’alcun fiero animale, o d’ombra stigia, o d’insidie di ladroni, nè d’altra cosa: e quivi giunto, si ponea a sedere e con sospiri e con pianto più volte le baciava, dicendo: "O ingrate porti, perchè mi tenete voi che io non posso appressarmi al mio disio, il quale dentro da voi serrato tenete?". E certo egli più volte fu tentato o di picchiare acciò che aperto gli fosse, o di romperle per passar dentro, ma per paura della fierità del padre, il cui intendimento già apertamente conoscere gli parea, se ne rimanea, tornandosi a Montoro per l’usata via. E sì lo stringea amore, che vita ordinata non potea tenere, ma sì disordinatamente la tenea, che più volte il duca e Ascalion avedendosene il ne ripresero; ma poco giovava. E pur da amore costretto,