Pagina:Boccaccio - Filocolo di Giovanni Boccaccio corretto sui testi a penna. Tomo 1, 1829.djvu/183

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dicendo: O misericordiosa dea, lodata sia la tua potenza. Niuno conforto era a me misera rimaso, se tu venendo non m’avessi riconfortata. Ahi, quanto ti dobbiamo essere tenuti pensando alla tua benignità, la quale non isdegnò di venire de’ gloriosi regni in questa oscurità e solitudine a darmi conforto, non avendo io tanta grazia già mai meritata. Ma dimmi, pietosa dea, poi che con le tue parole m’hai renduto alquanto del perduto conforto, se licito m’è a saperlo, quale è la cagione per che fatta m’è questa ingiuria? -. A cui la dea rispose: Niuna altra cagione ci è, se non per che tu e Florio siete al mio servigio disposti; ma non sotto questa spezie s’ingegna il re di nuocerti, ma il modo trovato da lui, col quale egli si ricuopre, è falso e malvagio: ma egli è ben conosciuto tanto avanti, che alla tua fama non può nuocere, e ancora sarà più manifesto. E d’altra parte, io poco avanti discesa giù dal cielo, ordinai la tua diliberazione, in maniera che, avanti che il sole venga domane al meridiano cerchio, tu sarai renduta al re e tornata in quella grazia che solevi. Più avanti non te ne dirò ora, però che tutto vedrai e saprai domane -. Con questi ragionamenti e con molti altri si rimase Biancifiore con la santa dea infino al seguente giorno, quasi rassicurata, sanza prendere alcuno cibo, infino che tratta fu di prigione per menare alla morte.

Cominciossi per la corte un gran mormorio, poi che il re fu partito dal gran consiglio che tenuto avea del fallo che dovea aver fatto Biancifiore: e tutti i baroni e l’altra gente, chi in una parte e chi in un’altra ne ragionavano; e a tutti parea impossibile il