Pagina:Boccaccio - Filocolo di Giovanni Boccaccio corretto sui testi a penna. Tomo 1, 1829.djvu/190

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possano di te giustamente piangere. E tu, o sacratissima Venere, soccorri tosto col promesso aiuto; non indugiar più, però che, non vedendolo, a me fugge la speranza delle tue parole da tutte parti, però che io al fuoco mi sento condannare. Veggiomi i feroci sergenti dintorno armati, come se io fierissima nimica delle leggi mi dovessi torre loro per forza, e veggo il siniscalco, a me crudelissimo nimico, sollecitare i miei danni con altissime voci e con furiosi andamenti, nè più nè meno come se egli della mia salute dubitasse. Nè veggio che per pietà di me cambi aspetto. Tutte queste cose mi danno paura e tolgonmi speranza. Dunque soccorri tosto, che io dubito che se troppo indugi, io non muoia di contraria morte che quella che apparecchiata m’hanno costoro, però che la molta paura m’ha già sì raffreddato il cuore, che egli gli è poco sentimento rimaso".

Mentre che Biancifiore, ascoltando la crudele sentenza sì tacitamente fra sè si ramaricava piangendo, il re insieme con la reina e con molta altra compagnia vennero a vederla, già volendola i sergenti menare via. Ma Biancifiore col viso pieno di lagrime voltata al reale palagio, il quale ella mai rivedere non credea, vide ad un’alta finestra il re e la reina riguardanti lei: allora più la costrinse il dolore, e con più amare lagrime s’incominciò a bagnare il petto. Ma non per tanto così, com’ella potè, si sforzò di parlare, e con debole voce, rotta da molti singhiozzi di pianto disse: O carissimo padre, re Felice, da cui io conosco l’onore e ’l bene che io per adietro ho ricevuto in casa tua e quello che ricevette la mia misera madre, essendo noi stranieri, rimani con la grazia degli iddii, tu e la