Pagina:Boccaccio - Filocolo di Giovanni Boccaccio corretto sui testi a penna. Tomo 1, 1829.djvu/244

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di tale avvenimento si maravigliava. Ma non per tanto egli era in se stesso tanto contento che di niente gli pareva star male, e la misera Biancifiore del tutto gli era della memoria uscita. E in questa maniera stando non piccolo spazio, questi loro e esse lui s’erano a tanto recato, che altro che vergogna non li ritenea di pervenire a quello effetto dal quale più inanzi di femina non si può disiderare. Ma il leale amore, il quale queste cose tutte sentia, sentendosi offendere, non sofferse che Biancifiore ricevesse questa ingiuria, la quale mai verso Florio non l’avea simigliante pensata; ma tosto con le sue agute saette soccorse al cuore, che per oblio già in altra parte stoltamente si piegava. E dico che stando Florio con queste così intimamente ristretto, e già quasi aveano le due giovani il loro intendimento presso che a fine recato sanza troppo affanno di parole, l’altra delle due donzelle chiamata Calmena, levata alta la bionda testa, e rimirandolo nel viso, gli disse: Deh! Florio, dimmi, qual è la cagione della tua palidezza? Tu ne pari da poco tempo in qua tutto cambiato. Hai tu sentito alcuna cosa noiosa? -. Allora Florio, volendo rispondere a costei, si ricordò della sua Biancifiore, la quale della dimandata palidezza era cagione, e sanza rispondere a quella, gittò un grandissimo sospiro, dicendo: Oimè, che ho io fatto? -. E quasi ripentuto di ciò che fatto avea, alquanto da queste si tirò indietro, cominciando forte a pensare con gli occhi in terra a quello che fatto avea, e a dire fra se medesimo: Ahi! villano uomo, non nato di reale progenie, ma di vilissima, che tradimento è quello che tu hai pensato infino a