Pagina:Boccaccio - Filocolo di Giovanni Boccaccio corretto sui testi a penna. Tomo 1, 1829.djvu/313

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rispose: Io non spero già che gl’iddii mi rendano quello che essi m’hanno tolto, perchè io i tuoi prieghi adempia: ma però che la dolcezza delle tue parole mi spronano, mi moverò a contentarti del tuo disio. E primieramente ti sia manifesto che per amore io sono concio come tu vedi -; e, appresso questo, tutto ciò che avvenuto gli era particularmente gli narrò. Dopo le quali parole, ancora gli disse: La cagione per che in sì fatto luogo io sono venuto, è che io voglio sanza impedimento potere piangere. E, appresso, io non voglio essere a’ viventi essemplo d’infinito dolore, ma voglio che infra questi alberi la mia doglia meco si rimanga -. Udito questo, il giovane non potè ritenere le lagrime, ma con lui incominciò dirottamente a piangere, e disse: Certo la tua effigie e le tue voci mostrano bene che così ti dolga, come tu parli; ma, al mio parere, questa doglia non dovria essere sanza conforto, con ciò sia cosa che persone, che molto l’hanno avuto maggiore che tu non hai, si sono confortate e confortansi -. Disse allora Fileno: Questo non potrebbe essere: chi è colui che maggior dolore abbia sentito di me? -. - Certo - disse il giovane, - io sono -. - E come? - disse Fileno. A cui il giovane disse: Io il ti dirò. Non molto lontano di qui, avvegna che vicina sia più assai quella parte alla città di colui i cui ammaestramenti io seguii, e dove tu non molto tempo ci fosti sì come tu di’, era una gentil donna, la quale io sopra tutte le cose del mondo amai e amo: e di lei mi concedette Amore, per lo mio buon servire, ciò che l’amoroso disio cercava. E in questo diletto stetti non lungo tempo, chè la fortuna mi volse in veleno la passata dolcezza, che quando io mi credea più avere la sua benivolenza, e avere