Pagina:Boccaccio - Filocolo di Giovanni Boccaccio corretto sui testi a penna. Tomo 1, 1829.djvu/327

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libro terzo 315

tirono con Biancofiore da’ vietati porti, comandato che ricercati fossero i lasciati liti di Sorìa.

Zeffiro ancora non era stato da Eolo richiuso nella cavata pietra, anzi soffiando correa sopra le salate onde con le sue forze, per la qual cosa i mercatanti prosperamente con la loro nave andavano a’ disiderati liti. Ma Biancifiore, che ora conosceva manifestamente il tradimento dello iniquo re, quivi venuta con continuo pianto, con più grave doglia veggendosi dalli occidentali liti allontanare, incominciò a piangere, e a dire così: Oimè, dolorosa la vita mia, ove sono io portata? Chi mi toglie da’ dolci paesi ov’io lascio l’anima mia? O Amore, solo signore della dolorosa mente, quanti e quali sono i mali, che io, per essere fedelissima suggetta alla tua signoria, sostegno! Ma tra gli altri notabili, come tu sai, io per te ebbi a morire di vituperevole morte, avvegna che per te simigliantemente da quella campassi, e ora, come vilissima serva venduta, per te, non so ove io mi sia portata. Se queste cose fossero manifeste, chi s’arrischierebbe mai a seguire tua signoria? Deh, perchè non mi uccidevi tu avanti, quando ne’ begli occhi di Florio m’apparisti, che ferirmi, acciò che io per la tua ferita tanto male dovessi sostenere? Oimè, ch’io non so quali liti saranno da me cercati, nè alle cui mani io misera debbo venire. Ma a niune verrò che iguale tristizia non sia la mia, poi ch’io lascio il mio Florio. Dove, o misera fortuna, ricorrerò per conforto, con ciò sia cosa che ogni speranza fuggita mi sia di potere mai lui rivedere? Io sono portata lontana da lui, e egli nol sa, nè sa dove: dunque dove sarò io da lui ricercata io come potrò lui ricercare,