Pagina:Boccaccio - Filocolo di Giovanni Boccaccio corretto sui testi a penna. Tomo 1, 1829.djvu/350

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effetto, e come io ti sono stato cagione di morte, così mi credo ti sarò compagno. Io solo ti potea dare salute, la quale omai da te avere non posso. Gl’iddii e la fortuna e ’l mio padre e la morte hanno avuta invidia a’ nostri amori. Io, o morte perfidissima, s’io credessi che mi giovasse, il tuo aiuto dimanderei con benigna voce. Certo tu se’ stata in parte che essere dovresti pietosa e ascoltare i miseri; ma però che i miseri e quelli che più ti chiamano sono più da te rifiutati, io con aspra mano ti costrignerò di farti venire a me -. E posta la destra mano sopra l’aguto coltello, incominciò a dire: O Biancifiore, leva su, guatami: apri gli occhi avanti ch’io muoia, e prendi di me quella consolazione che io di te avere non potei. Io ti farò fida compagnia. Io per seguirti userò l’uficio della dolente Tisbe, avvegna che ella più felicemente l’usasse ch’io non farò, in quanto ella fu dal suo amante veduta. Ma io non farò così. Io vengo: riceva la tua anima la mia graziosamente, e quello amore che tra noi nel mortale mondo è stato, sia nell’etterno -. Questo detto, si levò di sopra la sepoltura, la quale delle sue lagrime tutta era bagnata, e tratto fuori l’aguto ferro, dicendo: Il misero titolo della tua sepoltura, o Biancifiore, sarà accompagnato di quello del tuo Florio -, si volle ferire con esso nello angoscioso petto. Ma la dolente madre con fortissimo grido, preso il giovane braccio, disse: Non fare Florio, non fare, tempera la tua ira, nè non voler morire per colei che ancora vive -. Il romore si levò grandissimo nel tempio, e ’l pianto e le grida non lasciavano udire niuna cosa. Ma poi che Florio da molti fu preso, e trattogli della crudele mano l’aguto coltello egli