Pagina:Boccaccio - Filocolo di Giovanni Boccaccio corretto sui testi a penna. Tomo 1, 1829.djvu/364

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e sogliono in questi tempi con tanta furia assalire i legni opposti alle loro vie, che essi rapiscono loro le vele e gli alberi con dannoso rompimento, e talora loro o li percuotono a’ duri scogli, o li tuffano sotto le pericolose onde. Temperati e rimanti di questa andata al presente: la qual cosa se tu non farai, più tosto delle dure pietre e delle salvatiche querce sarai da dire figliuolo, che di noi. E se a te e a’ tuoi compagni, i quali paurosi ti seguitano conoscendo questi pericoli, farai questo servigio di rimanere, io m’auserò a sostenere la futura noia, pensando continuamente che da me ti debbi partire, nè mi sarà poi la tua andata sì noiosa come al presente sarà, se subitamente m’abandoni -. A cui Florio rispose: Cara madre, per niente prieghi, e dell’audacia che hai di pregarmi mi maraviglio. Fermamente, se io già col capo in quelli pericoli che tu m’annunzi mi vedessi, io più tosto consentirei d’andare giuso e di morire in quelli, che di tornare suso per dovere con voi rimanere, però che sì fattamente avete l’anima mia offesa, che mai perdonato da me non vi sarà, infino a tanto che colei cui tolta m’avete, io non riavrò. E però voi rimarrete, e io co’ miei compagni, come la rosseggiante aurora mostrerà domattina le sue vermiglie guance, ci partiremo sopra la nostra nave, la quale forse ancora qui carica tornerà del mio disio -.

Piangendo allora la reina, che pur Florio fermo a tale andata vedea, così disse: Figliuolo, poi che nè priego nè pietà ti può ritenere, prendi questo anello, e teco il porta, e ognora che ’l vedi della tua misera madre ti ricordi. Egli fu dello antichissimo Giarba re de’ Getuli, mio antico avolo: e acciò che tu più caro il tenghi, siati