Pagina:Boccaccio - Filocolo di Giovanni Boccaccio corretto sui testi a penna. Tomo 1, 1829.djvu/70

Da Wikisource.

intendo bene, il manifesta -. Allora gli comandò il re che elli andasse ad essa, e comandassele ch’ella tacesse acciò che ’l suo pianto non gli accrescesse più dolore che il preterito danno. Mossesi Ascalion con alquanti compagni, e per l’oscura notte con picciol lume, per lo sanguinoso campo scalpitando i morti visi, andarono in quella parte ove essi sentirono le dolenti voci, e pervennero a Giulia; la quale, come Ascalion la vide, imaginando le nascose bellezze sotto il morto sangue del suo viso, mosso dentro a pietà, quasi lagrimando disse: O giovane donna, il cui dolore invita gli occhi miei, veggendoti, a lagrimare, io ti priego, per quella nobiltà che il tuo aspetto ne rapresenta, che tu ti conforti e ponghi fine alle tue lagrime. Certo io non so qual sia la cagione della tua doglia, ma credo che sia grande; e chente ch’ella sia, io non credo che per lo tuo pianto si possa emendare, ma più tosto piangendo aumentare la potresti. E noi medesimi, i quali, se al ricevuto danno volessimo ben pensare, certo noi non faremmo mai altro che piagnere; e considerando quello che è detto, ci ingegnamo di dimenticare quello che ancora non vuole fuggire delle nostre memorie. E simigliantemente il re nostro signore te ne manda pregando; e credo che molto gli sarebbe caro, secondo il suo parlare, che tu venissi dinanzi al suo cospetto -. Giulia, udendo la romana loquela, la quale Ascalion, lungamente dimorato a Roma, impresa avea, alzò il viso verso lui, forse credendo che fosse alcun de’ miseri compagni di Lelio, e con torti occhi riguardando il cavaliere e vedendo ch’egli era della iniqua gente, piangendo il richinò, e gittando