Pagina:Boccaccio - Filocolo di Giovanni Boccaccio corretto sui testi a penna. Tomo 1, 1829.djvu/76

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Come il nuovo sole uscì nel mondo, il re con la sua compagnia, insieme con Giulia, verso Sibilia, antica città negli esperii regni, presero il cammino; ma avanti che i loro passi si mutassero, Giulia di grazia domandò che ’l corpo del suo Lelio non rimanesse esca de’ volanti uccelli. Al quale il re comandò che onorevole sepoltura fosse data, ad esso e a tutti gli altri che piacesse a lei, e agli altri del campo. Fu allora Lelio, e molti altri, con molte lagrime sepellito dopo i fatti fuochi, ben che molti ne rimanessero sopra la vermiglia arena, che di varii ruscelletti di sangue era solcata.

Rimaso solo di vivi il tristo campo, in pochi giorni col corrotto fiato convocò in sè infinite fiere, delle quali tutto si riempiè. E non solamente i lupi di Spagna occuparono la sventurata valle, ma ancora quelli delle strane contrade vennero a pascersi sopra’ mortali pasti. E i leoni africani corsero al tristo fiato tignendo gli aguti denti negli insensibili corpi. E gli orsi, che sentirono il fiato della bruttura dello ’nsanguinato tagliamento, lasciarono l’antiche selve e i segreti nascondimenti delle lor caverne. E i fedeli cani abandonaron le case de’ lor signori: e ciò che con sagace naso sente la non sana aria si mosse a venir quivi. E gli uccelli, che per adietro avean seguitati i celestiali pasti, si raunarono; e l’aria mai non si vestì di tanti avoltoi, e mai non furono più uccelli veduti adunati insieme, se ciò non fosse stato nella misera Farsaglia, quando i romani prencipi s’afrontarono. Ogni selva vi mandò uccelli: e i tristi corpi, a cui la fortuna non avea conceduto nè fuochi nè sepoltura, erano miseramente dilacerati da loro, e le lor carni pasceano gli affamati rostri. Ogni vicino albero parea