Pagina:Boccaccio - Filocolo di Giovanni Boccaccio corretto sui testi a penna. Tomo 2, 1829.djvu/109

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nel vedere che nel pensare, con ciò sia cosa che per gli atti esteriori si possa quello che nel cuore si nasconde comprendere? -.

La reina allora così rispose: Quelle cose, e dilettevoli e noiose, che più all’anima s’appressano, più noia e gioia porgono che le lontane. E chi dubita che il pensiero non dimori nell’anima medesima e l’occhio a quella si truovi assai lontano, ben che elli per particulare virtù di lei abbia la vista, e convengagli per molti mezzi le sue percezioni allo ’ntelletto animale rendere? Dunque, avendo nell’anima un dolce pensiero della cosa amata, in quell’atto che il pensiero gli porge, in quello con la cosa amata essere gli pare. Egli allora la vede con quelli occhi a cui niuna cosa per lunga distanza si può celare. Egli allora parla con lei e forse narra con pietoso stile le passate noie per l’amore di lei ricevute. Allora gli è lecito sanza alcuna paura di abbracciarla. Allora mirabilmente, secondo il suo disio, festeggia con essa. Allora ad ogni suo piacere la tiene. Quello che del mirare non avviene, però che quello solo aspetto primo n’ha sanza più. E come noi davanti dicemmo, amore, paurosa e timida cosa, tanto nel cuore gli trema riguardando, che né pensiero né spirito lascia in suo luogo. Molti già, le loro donne guardando, perderono le naturali forze e rimasero vinti, e molti non potendo muoversi si fissero; e alcuni incespicando e avolgendo le gambe caddero, altri ne perderono la parola, e per la vista molte cose simili ne sappiamo essere avvenute: e queste cose assai saria suto caro, a coloro a cui avemo detto, che avvenute non fossero. Dunque, come porge diletto