Pagina:Boccaccio - Filocolo di Giovanni Boccaccio corretto sui testi a penna. Tomo 2, 1829.djvu/11

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LIBRO QUARTO 7

sto luogo diserto ne abitate alcuno, ascoltate i preghi miei, e non ischifi la vostra deità il modo del mio sacrificare, il quale non forse con quella solennità che altre volte ricevere solevate, è stato fatto; ma riguardando alla mia purità, e alla mia buona fede il riceviate, a’ miei preghi porgiate le sante orecchie. Io giovane d’anni e di senno, oltre al dovere innamorato, pellegrinando cerco d’adempiere il mio disio, al quale senza il vostro aiuto conosco impossibile di pervenire, onde meriti la divozione avuta nel vecchio tempio, e l’adornato altare, e gli accesi fuochi con gli offerti doni, ch’io da voi consiglio riceva del mio futuro cammino, e con quello aiuto alla mia fatica. Egli non aveva ancora la sua orazione finita, ch’egli sentì un mormorio grandissimo per lo tempio soave, come pietre mosse dal corrente rivo, il quale dopo piccolo spazio si risolveo in soave voce, nè vide onde venisse, e così disse: non è per lo insalvatichito luogo mancata la deità di noi padre di Citerea abitatore di questo tempio, a cui tu divotamente servi, e dalla quale costretti siamo di darti risponso: e perocchè con divoto fuoco hai gli altari nostri riscaldati, lungamente dimorati freddi, molto maggiormente meriti d’avere a’ tuoi divoti preghi vera risponsione de’ futuri tempi, e però ascolta. Tu, partito domane di questo luogo, perverrai ad Alfea, quivi la mandata nave t’aspetta, nella quale dopo gravi impedimenti perverrai nell’isola del Fuoco, e quivi novelle troverai di quello che vai cercando: quindi poi partitoti, perverrai dopo molti accidenti nel luogo ove colei di cui tu cerchi dimora, e là non senza gran paura di pericolo, ma senza alcun danno, la desiderata cosa possederai.