Pagina:Boccaccio - Filocolo di Giovanni Boccaccio corretto sui testi a penna. Tomo 2, 1829.djvu/183

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occhio rimira il dilicato petto, e con disiderosa mano tocca le ritonde menne, baciandole molte volte. Egli distende le mani per le segrete parti, le quali mai amore ne’ semplici anni gli avea fatte conoscere, e toccando perviene infino a quel luogo ove ogni dolcezza si richiude: e così toccando le dilicate parti, tanto diletto prende, che gli pare trapassare di letizia le regioni degl’iddii; e oltre modo disidera che Biancifiore più non dorma e a destarla non ardisce, anzi con sommessa voce la chiama e tal volta strignendolasi più al petto s’ingegna di fare che ella si desti. Ma l’anima, che nel sonno le parea nelle braccia di colui stare, nelle cui il corpo veramente dimorava, non la lasciava dal sonno isviluppare, parendole in non minore allegrezza essere che paresse a Filocolo, che lei tenea. Ma poi, pur costretta di destarsi, tutta stupefatta stringendo le braccia si destò, dicendo: Oimè, anima mia, chi mi ti toglie? -. A cui Filocolo rispose: Dolce donna, confortati, che gl’iddii mi t’hanno dato, niuna persona mi ti potrà torre -. Ella udita la voce umana, stordita del sonno e di paura, si volle fuori del letto gittare e gridare e chiamare Glorizia, ma Filocolo la tenne forte, e subitamente le disse: O giovane donna, non gridare e non fuggire colui che più t’ama che sé: io sono il tuo Florio, confortati e caccia da te ogni paura -. Tacque costei maravigliandosi, e, parendole la sua voce, disse: Come può essere che tu qui sii ora ch’io ti credea in Ispagna? -. - Così ci sono come gl’iddii hanno voluto - rispose Filocolo, - e però rassicurati -. Pareano impossibili queste parole ad essere vere a Biancifiore,