Pagina:Boccaccio - Filocolo di Giovanni Boccaccio corretto sui testi a penna. Tomo 2, 1829.djvu/189

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altro era intervenuto, poi che divisi furono, che quel giorno non si raccontasse, avendo l’uno dell’altro non poca ammirazione e diletto. Ma venuta la notte si coricarono, continuando gran parte di quella vegghiando con piacevoli ragionamenti e con amorevoli abbracciamenti; per che poi, vinti dal sonno, oltre al termine della notte dormirono per lungo spazio; perché la fortuna, ancora alle prosperità loro non ferma, con inoppinato accidente s’ingegnò d’offenderli con più grave paura che ancora offesi gli avesse, in questo modo.

L’amiraglio pieno di malinconia, forse per disusato pensiero, cerca, per fuggir quella, la bellezza di Biancifiore vedere, credendo in quella veramente ogni potenza di gioia rendere, far dimora. E partitosi d’Alessandria la terza mattina vegnente poi che le rose presentate avea, essendo ancora molto nuovo il sole, se ne venne alla bella torre, sopra la quale, come tal volta suo costume era, subitamente montò sanza alcun compagno. E giunto nella gran sala, alla camera di Biancifiore pervenne, donde Glorizia poco avanti era uscita e serratala di fuori. Questa aperta, passò dentro, e nella sua entrata corsogli l’occhio al letto di Biancifiore, vide lei con Filocolo dormire abbracciati insieme: di che rimaso tutto stordito, quasi di dolore non morio. Ma pur sostenendoli la vita di riguardare costoro, lungamente li rimirò e fra sé dicea: O Biancifiore, vilissima puttana, tolgano gl’iddii via che tu delle mie mani la vita porti: tu morrai uccidendoti io. Tu, da me più che la vita mia per adietro amata, hai con isconvenevole peccato meritato odio; e tu, la quale io con sollecitudine ho infino