Pagina:Boccaccio - Filocolo di Giovanni Boccaccio corretto sui testi a penna. Tomo 2, 1829.djvu/217

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come suole fare al ricco mercatante nelle dubbiose selve, poi che i ladroni con l’occhio ha scoperti. Niuno avea ardire di passare in quello: tutti hanno paura, e niuno sa di che. Ciascuno, stato infino a quel luogo fiero e ardito al venire, pauroso, disidera di tornarsi adietro. L’amiraglio fremisce tutto, e con minacce e con percosse s’ingegna di pingere avanti i suoi dicendo: O gente villana, qual paura è questa? Chi vi caccia? Temete voi sei cavalieri? -. Le sue parole sono udite, ma non messe ad effetto. Le percosse ciascuno fugge, e le minacce meno che la non conosciuta paura temono. Maravigliasi l’amiraglio di tanta viltà. Domanda la cagione di tanta paura: niuno gliele sa dire, ma tutti temendo rinculano. Tra’si avanti l’amiraglio, e comanda d’esser seguito: viene in su l’entrata del prato, e più ch’alcuno degli altri pavido volta le lente redine del corrente destriere, né egli medesimo conosce perché. Molte volte ripruova sé e fa riprovare i suoi; ma nulla è che più avanti passare si possa che i termini del prato, segnati ne’ confini della via entrante in quello. Con maraviglia comincia l’amiraglio a essaminare nella mente quello che da fare sia, o perché ciò avvenire possa. Niuno avviso trova, per lo quale il suo avviso si possa fornire: e subitamente muta pensiero, e fra sé dice: Io operai male dannando i due giovani a morte villana sanza intera notizia di loro avere. Che so io chi e’ si sieno? E’ poriano essere tali che gl’iddii per loro fanno queste cose: né altramente poria essere, che sanza volontà loro tanto popolo e cavalieri da sei o da otto fossero messi in fuga, e tanti quanti noi siamo li temessimo. Veramente io credo che agl’iddii spiaccia