Pagina:Boccaccio - Filocolo di Giovanni Boccaccio corretto sui testi a penna. Tomo 2, 1829.djvu/303

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gli raccontò; dopo ciò che detto l’avea, intimamente pregandolo che, se essere potea sanza disturbamento del suo avviso, che essi avanti a tutte l’altre cose dovessero visitare Roma, la quale mai veduta non aveano. Molto si maravigliò Filocolo di ciò che a Biancifiore udì contare, e vedendo il disio di Biancifiore così acceso d’andare a Roma, mutò disio, e rispose: Biancifiore, cara sposa, tanto m’è caro quanto a te piace: a tuo volere sia la nostra andata, quando ordinato avrò quello che i fati hanno voluto ch’io incominci -. A cui Biancifiore disse: Signor mio, a tua posta sta e l’andare e ’l dimorare; ma se di ciò il mio disio si seguisse, il più tosto che si potesse saremmo in cammino -. - E sì saremo noi - rispose Filocolo.

Egli era già al piccolo monte levata tutta la verde chioma, né niuna cosa alta sopra quello si vedea se non le mura del vecchio tempio, quando Filocolo, fatti prendere buoi, con profondo solco disegnò i fondamenti delle future mura, e appresso ordinò i luoghi delle torri e in quali parti le mura aperte per dar luogo agli entranti dovessero rimanere. E similemente divisò le diritte rughe, e quali luoghi per etterne abitazioni rimanessero. E fatto questo, chiamò a sé Caleon, a cui egli disse: Giovane, tu, secondo il tuo parlare, ami crudelissima donna sanza essere da lei amato; e se io ho bene le tue parole per adietro notate, così come già ti fu caro l’essere suggetto ad amore, così ora carissimo partirti del tutto da lui ti saria: alla qual cosa fare, ottimo oficio t’ho trovato, quando e’ ti piaccia. Io, come tu vedi, la nuova terra ho cominciata, la quale producere a fine, concedendolo gl’iddii, ho proposto, e con ciò sia cosa che sollecitudine mi stringa maggiore,