Pagina:Boccaccio - Filocolo di Giovanni Boccaccio corretto sui testi a penna. Tomo 2, 1829.djvu/332

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le cose, e degli sconsolati consiglio, ha parati davanti agli occhi miei degni meriti alle vostre virtù, i quali da lui, non da me, se ’l mio consiglio terrete come savi, prenderete, e in etterno sarete felici. E acciò che le parole, le quali io vi dirò, voi non crediate che io da avarizia costretto le muova, infino da ora ogni potenza, ogni onore, ogni ricchezza che io avere deggio nel futuro tempo nel mio regno, nella vostra potenza rimetto, e quello che più vostro piacere è, liberamente ne fate come di vostro: e ciò che io in guiderdone de’ ricevuti servigi v’intendo di rendere si è che io annunziatore dell’etterna gloria vi voglio essere, la quale e a voi e a me, se prendere la vogliamo, è apparecchiata, e dirovvi come -. E cominciando dal principio infino alla fine, ciò che Ilario in molte volte gli avea detto avanti che si partisse, quivi a costoro disse, come se per molti anni studiato avesse ciò che dire loro intendea. E mirabile cosa fu che, secondo ch’egli disse poi, nella lingua gli correano le parole meglio che egli prima nell’animo non divisava di dirle; la qual cosa superinfusa grazia di Dio essere conobbe, seguendo dopo queste parole dette: Non crediate, signori, che io come giovane vago d’abandonare i nostri errori sia corso a questa fede sanza consiglio e subito: io ci ho molto vegghiato, e molto in me medesimo ciò ch’io vi parlo ho essaminato, e mai contrario pensiero ho trovato alla santa fede. E poi penso più inanzi che dove il mio consiglio non bastasse a discernere la verità, dobbiamo credere che quello di Giustiniano imperadore, il quale, in uno errore con noi insieme, quello lasciando, ricorse alla verità, e in quella dimora, come noi sappiamo,