Pagina:Boccaccio - Filocolo di Giovanni Boccaccio corretto sui testi a penna. Tomo 2, 1829.djvu/374

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ti occupi, la quale in pensieri suole altrui mettere molto sconci, e per consequente alle operazioni: ella fa gli uomini molli e miseri di cuore, e pigri alli loro beni, le quali cose in signore né in alcuno altro sono in alcuna maniera da consentire. La faccia del prencipe dee essere lieta nel cospetto del popolo suo; e nelle convenevoli imprese dee essere magnanimo, e fuggire, essercitandosi, i vili e disonesti pensieri: la qual cosa e tu similmente fa. Sia il tuo essercizio continuo e studii nelle virtù e nel ben vivere de’ tuoi suggetti, le cui utilità e riposi più che le tue medesime dei pensare. Sia il tuo studio in tenergli in uno amore, in una pace e unità, però che il regno, in sé diviso, fia distrutto. Non sono i grandi onori largiti e le gran cose commesse, perché ne’ morbidi letti dimoriamo oziosi; a noi, sì come pastori, a popoli come mansuete pecore ne conviene vegghiare: la qual cosa, se saviamente viverai, farai. Quanto puoi ancora caccerai da te i golosi disii, i quali mettendo ad effetto deturpano il corpo e mancano la vita: e già, come tu puoi avere udito, più uomini uccise la cena che il coltello. I cibi con disordinato appetito presi superflui, generarono già molti mali: l’uomo per quelli perde il lume della mente, e se medesimo non conosce, né Iddio, che è peggio. E in cui che questo vizio sia da biasimare più che in altrui, è in coloro che hanno altrui a reggere. Però usa i cibi acciò che tu viva, e non vivere acciò che tu i cibi usi. Poca cosa la natura contenta, oltre alla quale, quantunque si piglia genera danno, e è chiamato con ragione vizio. Similemente ti sia la lussuria nimica, la quale, con ciò sia cosa che con tutti gli altri vizii da combattere sia, sola è da fuggire. Questa del