Pagina:Boccaccio - Filocolo di Giovanni Boccaccio corretto sui testi a penna. Tomo 2, 1829.djvu/79

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non perdonò l’amare a niuno amato, e a’ robusti venti si rompono più tosto le dure querce che le consenzienti canne -.

Vestita di bruni vestimenti sotto onesto velo sedea appresso costui una bella donna, la quale, come sentì la reina alle sue parole aver posto fine, così cominciò a dire: Graziosa reina, e’ mi ricorda che, essendo io ancora picciola fanciulla, un giorno io dimorava con un mio fratello, bellissimo giovane e di compiuta età, in un giardino, sanza alcuna altra compagnia. Dove dimorando, avvenne che due giovani donzelle, di sangue nobili e di ricchezze copiose, e della nostra città natie, amando questo mio fratello e sentendolo essere in quel giardino, amendue là se ne vennero, e lui, che di queste cose niente sapeva, di lontano cominciarono a riguardare. Dopo alquanto spazio, vedendolo solo, fuori che di me, di cui elle poco curavano però che era picciola, così fra loro cominciarono a dire: "Noi amiamo questo giovane sopra tutte le cose, né sappiamo egli ama noi, né convenevole è che amendune ci ami; ma qui n’è al presente licito di prendere di lui parte del nostro disio, e di conoscere se di noi egli ama alcuna, o quale egli ama più; e quella che egli più ama, poi sua si rimanga sanza esserle dall’altra impedito: però ora ch’egli dimora solo e che noi abbiamo tempo, corriamo, e ciascuna l’abbracci e baci: egli quale più gli piacerà, poi prenderà". Determinatosi a questo, le due giovani cominciarono a correre sopra la verde erba verso