Pagina:Boccaccio - Filocolo di Giovanni Boccaccio corretto sui testi a penna. Tomo 2, 1829.djvu/80

Da Wikisource.

il mio fratello: di che egli si maravigliò vedendole, e vedendo come veniano. Ma l’una di loro ancora assai lontana, vergognosa quasi piangendo ristette, l’altra infino a lui corse e l’abbracciò e baciollo e poseglisi a sedere allato raccomandandoglisi. Ma poi che l’ammirazione che costui ebbe dell’ardire di colei fu alquanto cessata, egli la pregò che per quello amore ch’ella gli portava, ella gli dovesse di questa cosa dire intera la verità. Essa niente ne gli celò: la qual cosa questi udendo, e dentro nella mente essaminando ciò che l’una e l’altra avea fatto, fra sé conoscere non sapea qual più l’amasse, né qual più egli dovesse amare. Ma venuto accidente che di queste parole il convenne partire, di questo a più amici domandò consiglio, né mai alcuno il sodisfece al suo piacere di tal dimanda: per la qual cosa io priego voi, da cui veramente credo la vera diffinizione avere, che mi diciate quale di queste due dee essere più dal giovane amata -.

A questa donna così la reina rispose: Certo delle due giovani quella ne pare che più il vostro fratello ami, e più da lui deggia essere amata, che dubitando vergognosa rimase sanza abbracciarlo: e per che questo ne paia, questa è la ragione. Amore, sì come noi sappiamo, sempre fa timidi coloro in cui dimora, e dove maggior parte è d’esso, similmente maggiore temenza. E questo avviene per che lo ’ntendimento della cosa amata non si può intero sapere; che se si potesse sapere, molte cose, temendo di non spiacere, non si fanno che si farebbono, però che ciascuno sa che spiacendo si toglie cagione d’essere amato: e con questa temenza e con amore sempre dimora vergogna, e non sanza ragione. Adunque,