Pagina:Boccaccio - Il Filostrato di Giovanni Boccaccio nuovamente corretto su i testi a penna, 1831.djvu/106

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94 IL FILOSTRATO


XLI.


Ragion non vi si fece di dormire,
     Ma che la notte non venisse meno
     Per bene assai vegghiare avean disire;
     Sazïarsi l’un dell’altro non potieno,
     Quantunque molto fosse il fare e il dire,
     Ciò che a quel atto appartener credieno;
     E senza invan lasciar correr le dotte
     Tutte l’adoperaron quella notte.

XLII.


Ma poich’e’ galli presso al giorno udiro
     Cantar, per l’aurora che sorgea,
     Dell’abbracciar si rinfocò il desiro,
     Dolendosi dell’ora che dovea
     Lor dipartire, ed in nuovo martiro,
     Il qual nessuno ancor provato avea,
     Porli, per l’esser da lor seperati,
     Vie più che mai d’amor ora infiammati.

XLIII.


Li quai come Griseida cantare
     Sentì, dolente disse: o amor mio,
     Ora si fa da doversi levare,
     Se ben vogliam celar nostro disio;
     Ma io ti voglio, amor mio, abbracciare,
     Pria che ti levi, un poco, acciocchè io
     Men doglia senta della tua partita,
     Deh abbraccia tu me, dolce mia vita.