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PARTE QUARTA 127


XLIII.


Pandaro venne, e già avea sentito
     Ciò che chiedeano i greci ambasciadori;
     E come aveano ancora per partito
     Preso, di render Griseida i signori;
     Di che nel viso tutto sbigottito,
     TiFonte/commento: Milano, 1964 Troilo seco pensando i dolori,
     Nella camera entrò oscura e cheta,
     Nè sa che dir parola o trista o lieta.

LXIV.


Troilo, tosto che veduto l’ebbe,
     Gli corse al collo sì forte piangendo,
     Che bene raccontarlo uom non potrebbe;
     Il che il dolente Pandaro sentendo,
     A pianger cominciò, sì glie n’increbbe;
     E in cotal guisa, null’altro facendo
     Che pianger forte, dimoraro alquanto
     Senza parlar nessuno o tanto o quanto.

XLV.


Ma poi che Troilo ebbe presa lena,
     Pria cominciò a Pandaro: io son morto:
     La mia letizia s’è voltata in pena.
     Misero me, il mio dolce conforto,
     Fortuna invidïosa se nel mena,
     E con lui insieme il sollazzo e ’l diporto.
     Hai tu sentito ancor come ne sia
     Da’ Greci tolta Griseïda mia?