Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
PARTE QUARTA | 155 |
CXXVII.
Come altra volta gli stretti abbracciari
Erano stati, così furon ora,
Ma questi fur più di lagrime amari,
Che stati fosser di dolcezza; ancora
I piacevoli e tristi ragionari
Fra loro incominciar senza dimora;
E cominciò Griseida: dolce amico,
Ascolta bene attento quel ch’io dico.
CXXVIII.
Poscia ch’io seppi la trista novella
Del traditor del mio padre malvagio,
Se Dio mi guardi la tua faccia bella,
Nulla giammai sentì tanto disagio
Quant’io ho poi sentito, come quella;
Ch’oro non curo, città nè palagio,
Ma sol di dimorar sempre con teco
In festa ed in piacere, e tu con meco.
CXXIX.
E voleami del tutto disperare
Non credendo giammai più rivederti;
Ma poi che tu la mia anima errare
Vedesti, e ritornar dinuovo, certi
Pensier mi sento per la mente andare,
Utili forse, i quali vo’ che aperti
Prima ti sien che noi più ci dogliamo,
Che forse sperar bene ancor possiamo.