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168 IL FILOSTRATO


CLXVI.


E queste cose non posson tor gli anni
     Nè mobile fortuna, laond’io
     Con più angoscia e con maggiori affanni
     Sempre d’averti spero nel disio.
     Oimè lasso, qual fia de’ miei danni
     Ristoro, se ten vai, dolce amor mio?
     Certo nessun, se non la morte omai,
     Questa fia sola fine de’ miei guai.

CLXVII.


     Poscia ch’egli ebber molto ragionato
     E pianto insieme, perchè s’appressava
     Già l’aurora, quello hanno lasciato,
     E strettamente l’un l’altro abbracciava;
     Ma poich’e’ galli molto ebber cantato,
     Dopo ben mille baci si levava
     Ciascun, l’un l’altro sè raccomandando,
     E così dipartirsi lagrimando.