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PARTE QUINTA | 177 |
XXI.
Pandar non era il dì potuto andare
A lui, nè alcun altro, onde il mattino
Venuto, tosto sel fece chiamare,
Per poter seco alquanto il cor meschino,
Parlando di Griseida, alleggerare.
Pandar vi venne, e bene era indovino
Di ciò che quella notte fatto avea,
Ed ancora di ciò ch’esso volea.
XXIII.
O Pandar mio, disse Troilo, fioco
Per lo gridare e per lo lungo pianto,
Che farò io? che l’amoroso foco
Sì mi comprende dentro tutto quanto,
Che riposar non posso assai nè poco?
Che farò io dolente, poichè tanto
M’è stata la fortuna mia nemica,
Ch’i’ ho perduta la mia dolce amica?
XXIV.
Io non la credo riveder giammai:
Così foss’io allor caduto morto,
Che io partir da me ier la lasciai!
O dolce bene, o caro mio diporto,
O bella donna a cui io mi donai;
O dolce anima mia, o sol conforto
Degli occhi tristi fiumi divenuti,
Deh non ve’ tu ch’io muoio, e non m’aiuti?
il filostrato | 12 |