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218 IL FILOSTRATO


XXXIV.


Troilo gridava: deh non mi tenere,
     Amico caro, io ten prego per Dio,
     Poichè disposto sono a tal volere,
     Lascia seguirmi il mio fiero desio;
     Lasciami, stu non vuoi prima sapere
     Qual sia la morte alla quale corr’io;
     Lasciami Pandar, che ti fediraggio
     Se non mi lasci, e poi m’uccideraggio.

XXV.


Lasciami tor del mondo il più dolente
     Corpo che viva: lasciami, morendo,
     Contenta far la nostra fraudolente
     Donna, la quale ancora andrò seguendo
     Tra l’ombre nere nel regno dolente:
     Lasciami uccider, che ’l viver languendo
     Peggio è che morte. E dicendo, sforzava
     Sè per lo ferro, il qual quel gli negava.

XXXVI.


Pandaro ancora faceva romore
     Con lui, tenendol forte, e se non fosse
     Che Troilo era debole, il valore
     Di Pandar saria vinto, tali scosse
     Troilo dava atato dal furore;
     Pure alla fine il ferro gli rimosse
     Pandar di mano, e lui contra ’l volere
     Fece piangendo con seco sedere.