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PARTE SETTIMA | 219 |
XXXVII.
E dopo amaro pianto, verso lui
Con tai parole si volse pietoso:
Troilo, sempre in tal credenza fui
Di te ver me, che s’io stato fossi oso
Di domandar per me o per altrui
Che t’uccidessi, tu sì animoso
Senza indugio nessun l’avessi fatto,
Com’io farei per te in ciascun atto.
XXXVIII.
E tu a’ preghi miei non hai la morte
Sozza e spiacevol voluta fuggire;
E s’io non fossi stato ora più forte
Di te, t’avrei qui veduto morire:
Noi mi credea alle promesse porte
Da te a me le mi veggia fallire,
Benchè ancora questo emendar puoti,
Se con effetto quel che dico noti.
XXXIX.
Per quel che paia a me, tu hai concetto
Che Griseida sia di Diomede;
E s’io ho ben raccolto ciò c’hai detto,
Null’altra cosa di ciò ti fa fede
Se non il sogno, il qual prendi sospetto
Per l’animale il qual col dente lede,
E senza più voler sentirne avanti,
Finir volei con morte i tristi pianti.