Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
PARTE SETTIMA | 231 |
LXXIII.
Se mi darai speranza, aspetteraggio,
Come ch’el mi sia grave oltremisura;
Se tu la mi torrai, m’uccideraggio,
E darò fine alla mia vita dura.
Ma come che si sia mio il dannaggio,
La vergogna sia tua, ch’a così oscura
Morte recato avrai un tuo soggetto,
Non avendo commesso alcun difetto.
LXXIV.
Perdona se nell’ordine dettando
I’ ho fallito, e se di macchie piena
Forse vedi la lettera ch’io mando:
Che dell’uno e dell’altro la mia pena
N’è gran cagion, perocchè lagrimando
Vivo e dimoro, nè le mi raffrena
Nullo accidente: adunque son dolenti
Lacrime, queste macchie sì soventi.
LXXV.
E più non dico, benchè a dire assai
Ancor mi resti, se non che ne vegni;
Deh fallo anima mia, che tu potrai,
Se tu quanto tu sai pur te n’ingegni.
Oimè, che tu non mi conoscerai,
Tal son tornato ne’ dolor malegni;
Nè più ti dico, se non Dio sia teco,
E tosto faccia te esser con meco.