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44 | IL FILOSTRATO |
XXXVIII.
Griseida alquanto arrossì vergognosa
Udendo ciò che Pandaro diceva,
E rassembrava a mattutina rosa;
Poi tai parole a Pandaro moveva:
Non ti far beffe di me, che gioiosa
D’ogni tuo ben sarei, poco doveva
Avere a far colui a cui io piacqui,
Che mai più non m’avvenne poi ch’io nacqui.
XXIX.
Lasciamo stare i motti, disse allora
Pandaro: dimmi se’ ten tu accorta?
A cui ella rispose: non è ancora
Più d’un che d’altro, s’io non sia morta;
È vero ch’io ci veggo ad ora ad ora
Passare alcun, che sempre alla mia porta
Rimira, nè so io se va cercando
Di veder me, o d’altro va musando.
XL.
Pandaro disse allora: chi è colui?
A cui Griseida disse: veramente
Io nol conosco, nè ti so di lui
Più oltre dire. E Pandaro, che sente
Che di Troilo non dice, ma d’altrui,
Così seguì a lei subitamente:
Non è colui il qual tu hai feruto,
Uom che non sia da tutti conosciuto.