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Pagina:Boccaccio - Il Filostrato di Giovanni Boccaccio nuovamente corretto su i testi a penna, 1831.djvu/65

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PARTE SECONDA 53


LXV.


Griseida disse allora: di lontano
     Il segreto scorgesti del suo petto,
     Come ch’el fermo poi tenesse mano
     Quando il trovasti a pianger sopra il letto,
     E così ’l faccia Dio e lieto sano,
     E me ancora, come per tuo detto
     Pietà me n’è venuta; i’ non son cruda
     Come ti par, nè sì di pietà nuda.

LXVI.


E stata alquanto, dopo un gran sospiro,
     Trafitta già, seguì: deh io m’avveggio
     Dove ti trae il pietoso disiro,
     Ed io ’l farò, poichè piacer ten deggio,
     Ed egli il vale, bastiti s’io ’l miro;
     Ma per fuggir vergogna, e forse peggio,
     Pregalo che sia saggio, e faccia quello
     Che a me biasmo non sia, nè anche ad ello.

LXVII.


Sorella mia, allor Pandaro disse,
     Tu parli bene, ed io nel pregheraggio;
     Ver è che io non credo ch’el fallisse,
     Tanto il conosco costumato e saggio,
     Fuorchè per isciagura non venisse,
     Tolgalo Iddio, ed io ci metteraggio
     Compenso tal che ti sarà in piacere;
     Fatti con Dio, e fa’ il tuo dovere.