nostri si divulgarono contro il benemerito editore dell’Ottimo Commento sopra Dante, il Sig. Alessandro Torri. Dopo parecchi anni di assidue fatiche per dare alla luce un’opera desideratissima, dovendo lottare con un’antica scorretta copia, la sola che si conosca di quest’opera, ed avendo di più trionfato nell’emendare più di due mila lezioni errate, fu inurbanamente rampognato per pochissimi errori, e molti non lo sono neppure, che scorsero nella sua edizione. Che avrebbe mai scritto il critico contro Anton Francesco Marmi, e il celebre Anton Maria Salvini, se fosse vissuto in quell’epoca? Sull’autorità della copia da essi trasmessa al Ciccarelli di Napoli fu stampato il Commento del Boccaccio sopra Dante; questa copia fu tratta da un manoscritto eccellente, interissimo, e scritto a parole chiare e rotondeggianti; pure vi scorsero un’infinità di errori, omissioni, e controsensi, non per colpa del codice, che questo leggeva benissimo, ma di chi ne trasse la copia. E che la colpa sia tutta della copia, e non dell’editore napoletano, si rileva da qualche nota apposta dall’editore in alcuni passi di dubbia lezione, ove avverte il lettore, qui sembra che manchi, e il manoscritto di fatto era stato copiato infedelmente, come sono stato in grado di riscontrare. Nessuno al certo vorrà dubitare della critica e della capacità di un Marmi e di un Salvini, ma molti converranno facilmente che è impresa assai più agevole il criticare che il fare, e che è affatto impossibile poter pubblicare senza errori un’opera antica che per la prima volta si tolga dai manoscritti: ma di questa verità