Pagina:Boccaccio - Il comento sopra la Commedia di Dante Alighieri di Giovanni Boccaccio nuovamente corretto sopra un testo a penna. Tomo I, 1831.djvu/167

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SOPRA DANTE 147

avendo la sua origine, e la forma e gli effetti secondo le fizioni poetiche discritte, non aprissi quello che essi sotto questa crosta sentano, potrei forse meritamente essere ripreso: dico adunque che gl’iddii, per l’ira de’ quali la Terra si commosse e turbò, è da intendere d’intorno d’alcuna cosa l’operazioni delle stelle, le quali gli antichi erronei chiamavano gl’iddii, avendo riguardo alla loro eternità e alla loro integrità, che alcuna corruzione non riceva: le quali stelle e corpi superiori, senza alcun dubbio per la potenza loro attribuita dal creatore di quelle, adoperano in noi secondo le disposizioni delle cose riceventi le loro impressioni: e da questo avviene che il fanciullo, o vogliam dire il giovane, per loro opera è aumentato, conciosiacosachè colui che invecchia sia diminuito, e conciosiacosachè mai si scostino dalla ragione dell’ottimo e perfetto governatore. Alcuna volta fanno cose, le quali dal repentino e falso giudicio de’ mortali pare che abbino siccome adirati fatte, come quando per loro muore un giusto re, un felice imperadore, un caro e opportuno uomo al ben comune, un savissimo uomo, o un nobile ed egregio cavaliere: e per questo, cioè per lo fare venir meno i solenni uomini, pare che come adirati contro a loro faccino. Dissono li poeti gl’iddii essere adirati, avendo uccisi coloro li quali si doveano perpetuare: ma che di questo seguita che la Terra se ne commuove, cioè l’animoso uomo, perciocchè tutti siamo di terra, e in terra torniamo, e sforzasi d’adoperare quello di che nasca nome e fama di lui, la quale cosa sia vendicatrice della sua futura morte;