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Pagina:Boccaccio - Il comento sopra la Commedia di Dante Alighieri di Giovanni Boccaccio nuovamente corretto sopra un testo a penna. Tomo I, 1831.djvu/308

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288 COMENTO DEL BOCCACCI

giovani Sesto Tarquinio, giovane scellerato e lascivo, il quale, veduta Lucrezia, e seco medesimo commendatola molto, entratagli nell’anima la bellezza e l’onestà di lei, seco medesimo dispose di voler del tutto giacer con lei: e dopo alquanti di, senza farne sentire alcuna cosa ad alcuno, preso tempo, solo ritornò a Collazio, dove da lei parentevolmente ricevuto ed onorato, considerato la condizion della casa, la notte, come silenzio sentì per tutto, estimando che tutti dormissero, levatosi, col coltello ignudo in mano, tacitamente n’andò dove Lucrezia dormiva: e postale la mano in sul petto disse: io sono Sesto, e tengo in mano il coltello ignudo: se tu farai molto alcuno, pensa che io t’ucciderò di presente. Ma per questo non tacendo Lucrezia, la quale in guisa alcuna al suo desiderio acconsentir voleva, le disse: se tu non farai il piacer mio, io l’ucciderò, e appresso di te ucciderò uno de’ tuoi servi, e a tutti dirò che io t’abbia uccisa, perciocchè col tuo servo in adulterio t’abbia trovata. Queste parole spaventarono la donna, seco pensando che se in tal guisa uccisa fosse trovata, leggiermente creduto sarebbe lei essere stata adultera, nè sarebbe chi la sua innocenza difendesse; e però quantunque malvolentieri si consentisse a Sesto, nondimeno avendo pensato come cotal peccato purgherebbe, gli si consentì. Sesto, quando tempo gli parve, se ne tornò ad Ardea: e essa piena di dolore e d’amaritudine, come il giorno apparì, si fece chiamare Lucrezio Tricipitino suo padre, e Collatino suo marito, e Bruto: li quali essendo venuti, e trovandola così dolorosa nell’aspetto, la domandò Col-