massimamente da’ poeti perciocchè di queste così fatte dimostrazioni, niun altro par dover essere miglior maestro che colui, il quale col suo artificio sa perpetuare i nomi de’ valenti uomini, e le glorie degl’imperadori e de’ popoli, e questi sono i poeti, de’ quali è oficio il producere in lunghissimi tempi i nomi, e l’opere de’ valenti uomini e delle valorose donne. La qual cosa quantunque facciano ancora gli storiografi, perciocchè nol fanno con così fiorito, con così rilevato, nè con così ornato stilo, sono in ciò loro preposti i poeti: li quali in questa parte l’autore intende per la perseverante dimostrazione, la qual sempre davanti da sè porta i nomi e l’opere di coloro che son degni di laude. Ma puossi qui muovere un dubbio e dire, che hanno a fare gli uomini d’arme, e le donne, con coloro li quali per filosofia son famosi? Al quale si può così rispondere: non essere alcun nostro atto laudevole, che senza filosofica dimostrazione si possa adoperare. Stolta cosa è a credere, che niuno imperadore possa il suo esercito guardare o guidi salvamente, senza prendere i luoghi da accamparsi, trovare le vie per le quali aver con salvo condotto si possano le cose opportune agli eserciti, guardarsi dalle insidie, prender l’ordine o dare al combattere una città, ad assalire i nemici, al venire alla battaglia, se la disciplina militare, nella quale gli conviene essere amniaestratissimo, non gliele dimostra; e questa disciplina militare è fondata e stabilita sopra i discreti consigli della filosofia, li quali quantunque non paia