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Pagina:Boccaccio - Il comento sopra la Commedia di Dante Alighieri di Giovanni Boccaccio nuovamente corretto sopra un testo a penna. Tomo I, 1831.djvu/55

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SOPRA DANTE 35

per questa comparazione ne dimostra l’autore qual divenisse per lo impedimento portogli da questa bestia, dicendo: E quale è que’, o mercatante o altro, che volentieri acquista, cioè guadagna,

E giugne ’l tempo che perder lo face,

qual che sia la cagione, che ’n tutti i suo’ pensier, ne’ quali si solea guadagnando rallegrare, perdendo piange, e s’attrista;

Tal mi fece la bestia, senza pace,

cioè questa lupa, la quale dice essere animale senza pace, perciocchè la notte e ’l dì sempre sta attenta e sollecita a potere prendere e divorare: che venendomi incontro, come soglion fare le bestie che vogliono altrui assalire, a poco a poco, tirandomi indietro,

Mi ripigneva là dove ’l sol tace,

cioè nella oscura selva, della quale io era uscito ed è questo, cioè dove ’l sol tace, improprio parlare, e non 1’usa l’autore pur qui, ma ancora in altre parti in questa opera, siccome nel canto v. quando dice:

I’ venni in luogo d’ogni luce muto.

Assai manifesta cosa è che il sole non parla, nè similemente alcuno luogo di quelli che dice qui 1’autore, cioè il sole, e il luogo è muto di luce. E sono questi due accidenti1, il tacere e l’essere muto, propriamente dell’uomo; quantunque il vangelo dica, che uno avea un dimonio addosso, e quello era muto. Ma questo modo di parlare si scusa per una figura la quale si chiama acirologia. Vuole adunque dir

  1. Il cuore e l’essere muto.