tici versi si cantino. E per conseguente Virgilio, dell’opere da sè composte dice, cantai: il qual non solamente compose l’Eneida, ma molti altri libri, siccome secondochè Servio scrive, lo Stirina, l’Etna, il Culice, la Priapea, il Cathalecthon, la Ciri, gli Epigrammati, la Copa, il Morelo e altri; ma sopra tutti fu l’Eneida, la quale in laude di Ottaviano compose. Poi partendosi da Napoli, e andandone ad Atene ad udir filosofìa, non avendo corretto il detto Eneida, quello lasciò a due suoi amici valenti poeti, cioè a Tucca e a Varrone, con questo patto, che se avvenisse che egli avanti la tornata sua morisse, che essi il dovessero ardere; perchè essendo a Brandizio morto, senza potere essere pervenuto ad Atene, e Tucca e Varrone sapendo questo libro in laude di Ottaviano essere stato composto, e che esso il sapeva, temettero d’arderlo senza coscienza d’Ottaviano; e perciò raccontata a lui la intenzion di Virgilio, ebbero in comandamento di non doverlo ardere per alcuna cagione, ma il correggessero, con questi patti, che essi alcuna cosa non v’aggiugnessero, e se vi trovassero cosa da doverne sottrarre potessero: il che essi con fede fecero. Poi Ottaviano fatte recare le sue ossa da Brandizio a Napoli, vicino al luogo dove s’era dilettato di vivere il fece seppellire, cioè infra ’l secondo miglio da Napoli, lungo la via che si chiamava Puteolana, acciocchè esso quivi giacesse morto dove gli era dilettato di vivere. Di quel giusto figliuol d’Anchise, cioè d’Enea, del quale Virgilio nel primo dell’Eneida fa ad Ilioneo dire d’Enea alla reina Dido queste parole: