ferse, e ingegnavasi di farlo occultamente da Eurialo; perciocchè conosceva il pericolo esser grande, ed Eurialo ancora un garzone, ed egli nol voleva mettere a quel pericolo. Ma non seppe sì fare che Eurialo nol sentisse; per la qual cosa convenne che Eurialo andasse con lui: e usciti una notte del campo d’Ascanio, convenendo loro passare per lo mezzo de’ nemici, e tacitamente andando, e trovandogli tutti dormire n’ucciser molti: ed Eurialo vago come i garzon sono di certe armadure belle, tratte a coloro li quali uccisi aveano, carico, seguitando Niso, avvenne che si scontrarono in una gran quantità di nemici, li quali come Niso vide, tantosto si ricolse in un bosco, credendo avere appresso di sè Eurialo; ma egli era rimaso, e già intorniato da’ nemici. Quando Niso lui non esser seco si avvide, perchè voltosi, e vedendol nel mezzo de’ nemici, e loro correntigli addosso per ucciderlo, tornando addietro cominciò a gridare, che perdonassero ad Eurialo, siccome a non colpevole, e uccidesson lui, il quale aveva tutto quello male fatto; ma poco valse: essi uccisono Eurialo e poi ucciser lui; e così amenduni quivi morti rimasero. Turno, costui fu figliuolo di Danno re d’Ardea, e nepote carnale d’Amata, moglie di Latino re de’ Laurenti, giovane ardentissimo e di gran cuore: il quale vedendo Latino re aver data Lavina sua figliuola per moglie ad Enea, la quale prima avea promessa a lui, sdegnato avea mosso guerra ad Enea, e per questo molte battaglie avea fatte: ultimamente, secondochè Virgilio scrive nella fine del xii. dell’Eneida, soprastandogli Enea in una singular battaglia stata fra loro,