Pagina:Boccaccio - Il comento sopra la Commedia di Dante Alighieri di Giovanni Boccaccio nuovamente corretto sopra un testo a penna. Tomo II, 1831.djvu/142

Da Wikisource.
138 COMENTO DEL BOCCACCI

seconda parte della prima di questo canto, nella quale l’autore dimostra, qual pena abbiano i peccatori, i quali in questo quarto cerchio si puniscono, e chi e’ si sieno, e dice, Così, vinta e abbattuta la rabbia di Plutone, scendemmo nella quarta lacca, cioè parte d inferno, così dinominandola per consonare alla precedente e alla seguente rima:

Pigliando più della dolente ripa,

cioè mettendoci più infra essa, che ancora messi ci fossimo; e acciocchè di qual ripa dica s’intenda, segue, Che ’l mal, cioè le colpe e i peccati, dell’universo, di tutto il mondo, tutto insacca, cioè in sè insaccato riceve; ed esclamando segue:

Ahi giustizia di Dio! tante chi stipa

Nuove travaglie, vuolsi questa lettera intendere interrogative, e con questo ordine. Ahi giustizia di Dio, Chi stipa, cioè ripone, tante nuove travaglie? e pene, cioè diversi tormenti e noie, quante io viddi? in questo luogo. E perche, cioè per le quali, nostra colpa, cioè il nostro male adoperare peccando, se ne scipa, cioè se ne confonde e guasta, e attrita, o in noi vivi temendo di quella pena, o ne’ morti dannati che quella sostengono. E vuole in queste parole mostrare l’autore di maravigliarsi per la moltitudine, poi per una comparazione ne dimostra, che maniera tengono in quel luogo i peccatori nel tormento loro dato dalla giustizia, e dice, Come fa l’onda, del mare, là sovra Cariddi, cioè nel far di Messina; intorno alla qual cosa è da sapere, che tra Messina e Cicilia è una punta di Calavrìa, ch’è di rincontro ad essa, chiamata Capo di volpe, non guari lontana ad una terra