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170 COMENTO DEL BOCCACCI

mena. Quest’Inno, gl’inni son parole composte di certe spezie di versi, e contengono in sè le laudi divine, siccome appare nello innario il quale compose san Gregorio, e che la chiesa di Dio canta ne’suoi uffici; ma in questa parte scrive l’autore il vocabolo, ma non l’effetto di quello, perciocchè dove l’inno contiene la divina laude propriamente, quello che questi peccatori piangendo e dolendosi dicono in modo d’inno contiene la lor miseria e la lor pena, si gorgoglian nella strozza, la strozza chiamiam noi quella canna la qual muove dal polmone, e vien su insino al palato, e quindi spiriamo e abbiamo la voce, nella quale se alcuna superchia umidita è intrachiusa, non può la voce nostra venir fuori netta ed espedita; e sono allora le nostre parole più simili al gorgogliare, che fa talvolta alcuno uccello, che ad umana favella; e perciocchè questi peccatori hanno la gola piena del fango e dell’acqua del palude, è di necessità che essi si gorgoglino questo lor doloroso inno nella strozza, perciò

Che dir nol posson con parola integra,

perchè è intrarotta dalla soperchia umidità. Così girammo. Qui comincia la terza parte di questa seconda parte principale, nella quale l’autore dimostra il processo del loro andare, e dove pervenissero dicendo, Così, riguardando i miseri peccatori che nella palude si offendevano, e ragionando, girammo della lorda pozza Grand’arco, cioè gran quantità volta in cerchio, a guisa d’un arco; e chiamala pozza, il quale è proprio nome di piccole ragunanze d’acque; e questo, come altra volta è detto, è conceduto a’ poeti, cioè