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242 | COMENTO DEL BOCCACCI |
cioè si oscura. E vuole in queste parole l’autore quello dimostrare che negli altri cerchi di sopra ha dimostrato, cioè che per alcun de’ ministri infernali sempre all’entrar del cerchio sia spaventato; e così qui dovendo del quinto cerchio passar nel sesto, il quale è dentro dalla città di Dite, introduce questi demoni a doverlo spaventare, acciocchè del suo buon proponimento il rimovessero, e impedisserlo a dover conoscere quello che si dee fuggire, per non dovere perduto in inferno discendere. Pensa, lettor: qui comincia la seconda particella di questa quarta parte principale, nella quale l’autore mostra come si sconfortasse: Pensa, lettor, che queste cose leggerai, se io mi sconfortai,
Nel suon delle parole maladette,
cioè dette da quegli spiriti maladetti; e soggiugne la cagione per la quale esso si sconfortò, dicendo,
Ch’io non credetti ritornarci mai,
cioè in questa vita, vedendomi torre colui che infin quivi guidato m’avea, e senza il quale io non avrei saputo muovere un passo. E però da questa paura sbigottito, dice,
O caro duca mio, che più di sette,
cioè molte, ponendo il finito per l’infinito,
Volte m’hai sicurtà renduta, e tratto
D’alto periglio che incontro mi stette;
cioè quando tu mi levasti dinanzi alle tre bestie, le quali impedivano il mio cammino, quando tu acchetasti l’ira di Carone, di Minos, di Cerbero e degli altri che opposti mi si sono;
Non mi lasciar, diss’io, così disfatto,