Pagina:Boccaccio - Il comento sopra la Commedia di Dante Alighieri di Giovanni Boccaccio nuovamente corretto sopra un testo a penna. Tomo II, 1831.djvu/263

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SOPRA DANTE 259

mattone e pietre vive mescolate, e solidate con molto batterle insieme, quasi non men duro che sia la pietra,

Dicevan tutte e tre gridando in giuso:

o nella palude, o verso lui,

Mal non vengiammo in Teseo l’assalto,

il quale ne fe’ quando venne insieme con Peritoo per volere rapire Proserpina. E dicono sè aver mal fatto a non vengiarlo, perciocchè se vengiato l’avessono, non si sarebbe poi alcun messo ad andare in inferno per alcun lor danno; e così mostrano gridare, e dire queste parole per l’autore, il quale quivi vedevano vivo volere entrar nella citta loro. Ma chi sieno queste furie, chi sia Medusa, e che facesse Teseo, del quale si dolgono non aver vengiato l’assalto, si discriverà pienamente dove il senso allegorico si racconterà, fuor che di Teseo, il senso della cui favola non ha a fare con la presente materia, e però di lui qui diremo. Teseo fu figliuolo d’Egeo re d’Atene, giovane di maravigliosa virtù, e fu singularmente amico di Peritoo, figliuolo d’Issione, signore de’ Lapiti in Tessaglia; ed essendo amenduni senza moglie, si disposero di non torne alcuna se figliuola di Giove non fosse; ed essendo già Teseo andato in Oebalia, e quivi rapita Elena ancora piccola fanciulla, non sapendosi in terra alcuna altra, se non Proserpina moglie di Plutone iddio dell’inferno, a dovere rapir questa scese con Peritoo in inferno; e tentando di rapir Proserpina, secondochè alcuni scrivono, Peritoo fu strangolato da Cerbero cane di Plutone, e Teseo fu ritenuto.