Pagina:Boccaccio - Il comento sopra la Commedia di Dante Alighieri di Giovanni Boccaccio nuovamente corretto sopra un testo a penna. Tomo II, 1831.djvu/269

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SOPRA DANTE 265

come creatura perfetta e beata, non poteva fare senza sdegnare, ciò che i demoni contro alla volontà di Dio attentavano: e qui assai manifestamente si può comprendere, l’uomo potersi senza peccare adirare; poichè l’angelo di Dio, il quale peccar non puote, era commosso. Giunse alla porta, serrata, e con una verghetta, la quale nella destra man portava, per la quale si disegna l’uficio del messo, e l’autorità di colui che ’l manda. E secondochè i santi vogliono, questo uficio commette Iddio a qualunque s’è di quelle gerarcie celesti, fuorchè a’ cherubini non si legge essere stato commesso: e mentrechè quello beato spirito è nell’esercizio dell’uficio commesso, si chiama angelo; perciocchè angelo si dice da aggelos graece, che in latino viene a dire messaggiere: poi fornita la commessione, non si chiama più angelo, ma reassume il suo nome principale, cioè virtù, o podestà, o trono o qualunque altro s’abbia.

L’aperse, che non ebbe alcun ritegno.

In questo si mostra la potenza di Dio, la quale non che aprire una porta, quantunque forte, Co1 percuoterla con una verghetta, ma con un picciol cenno può commuovere tutto il mondo. O cacciati: qui pone l’autore le parole dette dall’angelo a’ nemici di Dio, i quali si dee credere che quivi presenti non erano, siccome quegli che per paura, sentendo la venuta di questo angelo, s’erano fuggiti e dileguati; ma non potevano in quella parte essere andati, che bene non udissono e intendessono ciò che questo angelo diceva contro a loro: dice adunque, O cacciati del ciel,