Pagina:Boccaccio - Il comento sopra la Commedia di Dante Alighieri di Giovanni Boccaccio nuovamente corretto sopra un testo a penna. Tomo II, 1831.djvu/293

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SOPRA DANTE 289

la qual cosa esso Iddio, siccome egli dice nell’evangelio, io pagherò il nimico mio col nimico mio, permette a queste furie, quantunque sue nemiche sieno, l’adoperare contra di noi; per la qual cosa per opera di quelle, le tempeste, le fami, le mortalità e le guerre vengono sopra di noi: e per questa così fatta permissione si posson dire essere e star davanti a Giove e al servigio suo.

Appresso è da vedere quel che volesser gli antichi per i nomi di queste furie sentire; e però la prima, la quale è chiamata Aletto, secondochè a Fulgenzio piace, non vuole altro dire che senza riposo, acciocchè per questo s’intenda ogni furioso atto prender principio dal continuo e noioso stimolo, il quale l’animo nostro riposar non lascia, quando in perturbazione alcuna caduti siamo di cosa la quale appetisca vendetta. La seconda è chiamata Tesifone, la quale siccome Fulgenzio medesimo dice, è detta così, quasi dicessimo tritonphones, il che in latino viene a dire voce d’ira, la qual voce d’ira dobbiamo intendere esser quella, la quale l’animo perturbato e inquietato, con contumelia e vituperio di chi è cagione della sua perturbazione, manda fuori, come sono le villanie le quali gli adirati si dicono insieme. La terza è chiamata Megera, e secondochè ancora Fulgenzio dice, questo nome vien tanto a dire quanto gran litigio, per lo quale dobbiamo intendere le vendette, l’uccisioni e le guerre, nelle quali si dimostrano le contenzioni grandi e pericolose, e piene d’impeti furiosi e di danni inestimabili; e così della perturbazione presa non giustamente seguita o nasce l’inquietudine dell’animo;

com. di dante T. II. 19