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SOPRA DANTE | 59 |
ciai, a dire, o lasso! Quanti dolci pensier, paiono esser quegli che da speranza certa muovono di dovere ottenere la cosa che s’ama: quanto disio, quasi dica molto, Menò costoro Francesca e Polo, al doloroso passo! della morte.
Poi mi rivolsi a loro, e parla’ io,
E cominciai: Francesca, i tuoi martirj,
ne’ quali io ti veggio,
A lacrimar mi fanno tristo, e pio:
cioè dolente e pietoso:
Ma dimmi, al tempo de’ dolci sospiri,
cioè quando ancora tu sospiravi, amando e sperando: A che, segno, e come, cioè in qual guisa, concedette amore il quale suol rendere gli amanti temorosi, e non lasciar loro, per tema di non dispiacere, aprire il desiderio loro, Che conosceste, cioè tu di Polo, e Polo di te, i dubbiosi disiri? Chiamagli dubbiosi i desiderii degli amanti, perciocchè quantunque per molti atti appaia che l’uno ami l’altro, e l’altro l’uno, tuttavia suspicano non sia così come lor pare, insino a tanto che del tutto discoperti e conosciuti sono.
Ed ella a me: nessun maggior dolore,
Che ricordarsi del tempo felice
chiama felice il tempo il quale aveva nella presente vita, per rispetto a quello che era nella dannazione perpetua, la qual chiama miseria, dicendo, Nella miseria. E veramente grandissimo dolore è: e questo assai chiaro testimonia Boezio, in libro de Consolatione, dicendo Summus infortunii genus est, fuisse felicem: e ciò sa ’l tuo Dottore, cioè Virgi-