Pagina:Boccaccio - Il comento sopra la Commedia di Dante Alighieri di Giovanni Boccaccio nuovamente corretto sopra un testo a penna. Tomo III, 1832.djvu/260

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252 COMENTO DEL BOCCACCI

Ahi quanto cauti gli uomini esser denno,

cioè deono,

Presso a color che non veggion pur l’opra,

manifesta,

Ma per entro il pensier miran col senno!

In queste parole assai notabili, n’ammonisce l’autore e ricordane con quanto avvedimento ci convenga stare appresso de’ savii uomini; conciosiacosachè essi non solamente giudichino delle nostre affezioni per le nostre evidenti opere, ma ancora con acuto e discreto pensiero spesse volte s accorgono de’ nostri desiderii: e queste parole dice, per quello che a Virgilio vede fare, il quale per avviso, con un picciol cenno fatto con una corda, provocò a venire in pubblico a sè quello che egli desiderava, cioè Gerione: e questo nelle seguenti parole dimostra Virgilio all’autore, il quale seguendo dice,

Ei disse a me: tosto verrà di sopra,

a quest’acqua, Ciò ch’io attendo; e, ciò, che ’l tuo pensier sogna, cioè non certo vede,

Tosto convien ch’al viso tuo si scuopra,

cioè si manifesti. E perciocchè quello che seguir dee, pare all’autor medesimo una cosa incredibile, avanti che a scriverlo pervenga, con parole escusatorie, e ancora con giuramento dimostrasse volentieri averlo trapassato senza dire, se la materia l’avesse patito: dice adunque,

Sempre a quel ver c’ ha faccia di menzogna,

cioè che somiglia bugia, come fa quello che dir debbo,

Dee l’uom chiuder le labbra, quanto el puote,