Pagina:Boccaccio - Il comento sopra la Commedia di Dante Alighieri di Giovanni Boccaccio nuovamente corretto sopra un testo a penna. Tomo III, 1832.djvu/259

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SOPRA DANTE 251

Così giù d’una ripa discoscesa,
Trovammo risonar quell’acqua tinta,

di quel fiumicello, e far sì gran romore,

Si che ’n poca ora avria l’orecchia offesa,

perciocchè ’l troppo romore, a chi non è uso, offende e noia l’udire.

Io aveva una corda intorno cinta,
E con essa pensai alcuna volta,

quando egli era smarrito nella valle,

Prender la lonza alla pelle dipinta,

quella bestia delle tre che ’l suo andare impediva.

Poscia che l’ebbi da me tutta sciolta,

cioè scinta,

Siccome ’l duca m’aeca comandato,

che io me la scignessi, e dessigliele,

Porsila a lui aggroppata e ravvolta:
Ond’e’ si volse ver lo destro lato,

E alquanto di lungi dalla sponda, di quel fiumicello,

La gittò giuso in quell’alto burrato,

cioè in quel fiume, il quale chiama burraio per lo avviluppamento d’esso. Per la qual cosa l’autor dice,

E pur convien, che novità risponda,

Dicea fra me medesmo, veggendo quel che Virgilio faceva, al nuovo cenno,

Che ’l maestro con l’occhio sì seconda,

cioè segue; perciocchè Virgilio gittata la corda, stava atteso con l’occhio sopra l’acqua, e questo faceva più credere all’autore che novità dovesse rispondere.