Pagina:Boccaccio - Il comento sopra la Commedia di Dante Alighieri di Giovanni Boccaccio nuovamente corretto sopra un testo a penna. Tomo III, 1832.djvu/41

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SOPRA DANTE 33

dicendogli quello che del mio dovere esser cacciato di Firenze aveva udito da messer Farinata.

La mente tua conservi quel ch’udito
Hai contra te, mi comandò quel saggio,

Ed ora attendi qui, a quel ch’io ti vo’ dire, e drizzò l’dito, quasi disegnando, come fanno coloro che più vogliono le lor parole imprimere nell’intelletto dell’uditore,

Quando sarai dinanzi al dolce raggio,

cioè alla chiara luce, Di quella, cioè di Beatrice, il cui bell’occhio, cioè il santo e divino intelletto, tutto vede, cioè il preterito, il presente e il futuro,

Da lei saprai di tua vita il viaggio,

cioè come ella dee andare e a che riuscire; e vuole in queste parole Virgilio, per confortar l’autore, mostrare non sempre dire il vero l’anime dannate delle cose che sono avvenire; e per questo vuole si conforti, quasi dicendo esser possibile non dover cosi avvenire; ma che quando sarà in cielo da Beatrice, la quale in Dio vede la verità d’ogni cosa, saprà il vero di ciò che avvenir gli dee. Appresso volse a man sinistra, piegandosi, il piede: Lasciammo il muro, della terra, dilungandocene, e gimmo inver lo mezzo, della città dolente,

Per un sentier, ch’ad una valle fiede,

cioè riesce,

Che ’nfin lassù facea spiacer suo lezzo,

cioè suo puzzo. Questo canto non ha allegoria alcuna.

com. di dante T. III. 3