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LIBRO TERZO | 105 |
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Il tempo aveva cambiato sembiante,
E l’aere piangea tutto guazzoso,
Sì ch’eran l’erbe spogliate e le piante,
E ’l popol d’Eolo correa tempestoso
Or qua or là nel tristo mondo errante;
Perchè Emilia col viso amoroso,
Lasciati li giardin, sempre si stava
In camera, e del tempo non curava.
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Allor tornaro li martirii e’ pianti,
Gli aspri tormenti e le noie angosciose
In doppio a ciaschedun de’ due amanti:
E’ non vedevan, non udivan cose
Che lor piacesson: così tutti quanti
Si consumavano in pene dogliose;
E disperar ciascuno si voleva,
Ma pur in fine se ne riteneva.
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Grandi erano i sospiri ed il tormento
Di ciascheduno; e l’esser prigionati
Vie più che mai faceva discontento
Ciascun di loro, a tal punto recati:
Ed ogni giorno lor pareva cento
Che fosson morti, o quindi liberati:
E per lo solo e unico conforto
Emilïa chiamavan loro diporto.